Katmandu, gli ultimi maoisti nel paradiso dei trekkers La guerriglia che allontana i turisti dalle cime dell'Himalaya Proprio al principale crocevia del trekking di Beni si è consumata infatti la più sanguinosa battaglia sul campo tra forze maoiste e governative negli otto anni di guerra civile che ha ucciso oltre 60mila persone. L'esercito ha dichiarato di aver eliminato in questa regione, mèta anche di pellegrinaggi sacri, 500 "maobadi" in una notte e mattinata di feroce battaglia, sebbene i guerriglieri ne ammettano solo 40. L'unica cosa certa è che i corpi di oltre cento presunti ribelli nelle loro uniformi verdi sono stati presentati alla stampa e altri sono stati fotografati ed esposti via via che i loro cadaveri venivano recuperati dal cuore delle regioni forestali regno dei maobadi. Si tratta di guerriglieri spietati. denunciati dalla stessa Amnesty International per i loro metodi spicci con le popolazioni, seguaci spesso fanatici di una società di uguali a ispirazione maoista, rappresentano tragicamente l'unica alternativa a una società politica feudataria e corrotta. Dopo vari tentativi più o meno ufficiali e anche in pompa magna di trovare una pace formale, è sceso attualmente un gelo diplomatico totale tra maoisti, governo e re. Nessuno di loro, tra tanto sangue e odio, se la sente di riprovare ancora, e chissà quando questo potrà accadere. Nel frattempo l'economia scende progressivamente verso i minimi storici e il crollo dell'industria del turismo significa un disastro per tutti i settori connessi. La strage di Beni del 20 marzo segna inoltre uno spartiacque tra la vecchia
e a lungo resistente volontà dei turisti di raggiungere il Nepal e la
nuova ondata di paura che potrebbe dissuadere anche i più resistenti.
Da Beni si passa per raggiungere il meraviglioso lago di Pokhara e i trekking
più belli. E a Beni si arriva anche da Katmandu per le basi dell'Annapurna.
Oggi i testimoni lo descrivono come un campo di macerie fumanti, perfino i basamenti
di cemento delle case di legno sono bruciati, e l'odore di morte pervade ogni
angolo di questa cittadina per un po' off limits. Lo stesso Prachanda - che è giunto per la prima volta a Katmandu nei mesi scorsi durante le infruttuose trattative di pacificazione nazionale - aveva però avvertito che nessuno poteva "evitare il rischio di trovarsi nel tiro incrociato del conflitto a fuoco", cosa che finora ha coinvolto raramente i turisti, mentre capita ogni giorno agli abitanti dei villaggi rurali. Questi sono regolarmente falcidiati dalle continue battaglie da est a ovest del paese, tra immensi e difficilmente raggiungibili territori di montagne e picchi altissimi, profondi canyon e vallate che sembrano non avere fine, comunicanti spesso grazie a semplici mulattiere che non accoglierebbero una sola vettura. Molti camminatori e scalatori che frequentano il Nepal da molti anni, come gli scozzesi Ewen Ferguson e John McNicoll, avevano messo nel conto l'eventualità di incontrare pattuglie maobadi, ma contando sull'esperienza sapevano che sarebbe bastata una buona mancia. Quando l'occasione si è presentata, nella forma di due soldatini maobadi sorridenti e malvestiti, i due trekkers si sono visti pretendere mille rupie, poco piu di dieci euro, ricevendo però in cambio una inaspettata ricevuta ufficiale. Richiesto il motivo di quella procedura burocratica inusuale per ribelli antistatali, gli scozzesi sono venuti a sapere che il bigliettino timbrato gli sarebbe servito in caso di incontro ravvicinato con un'altra pattuglia maobadi come segno di avvenuto pagamento del dazio. L'episodio si è ripetuto molte volte in tempi recenti e l'impressione che i maoisti vogliono dare è proprio quella di pretendere gabelle da chi passa sul proprio territorio come fa ogni governo, incluso l'odiato governo del re nepalese. Peccato che per questa loro ciclopica impresa di guerra armata di popolo ritenuta impossibile fino a pochi anni addietro, il prezzo di vite sia stato straordinariamente alto, aggravato dalle condizioni di miseria in cui versano gran parte delle etnie presenti, 24 milioni di Newari, indiani, tibetani, gurung, magar, tamang, bhotia, rai, limbu, sherpa. La violenza che insaguina il "Regno delle nevi", come si traduce
Nepal nella lingua della regione, sembra riverberarsi su ogni aspetto della
vita civile e religiosa. Katmandu resta così il centro di questi piccoli e grandi conflitti che passano dalla politica alla società e alla religione. La vita metropolitana notturna, regolata da un coprifuoco che spesso inizia rigidamente alle dieci di sera o anche prima, pullula di uccelli delle tenebre che a volte prendono forme di bambini emaciati e laceri che trascinano un risho o s'intrufolano nelle montagne di spazzatura lasciata in molti angoli. A pochi passi dal palazzo reale che fu scenario del massacro di tre anni fa ad opera dell'ex pretendente al trono, questo piccolo esercito di bambini topi sembra star lì a simboleggiare i frutti velenosi della politica di divisione e di odio che si è accentuata negli ultimi anni in Nepal. Per aiutare loro e le migliaia di orfani della guerra e di poveri in canna una infinità di organizzazioni non governative si è moltiplicata in questi anni nella totale assenza di ogni intervento statale. L'assistenza internazionale forma oggi una parte consistente del budget nazionale. Ma nessuno può lavorare agilmente dove piovono le bombe, e la bella valle di Katmandu, con le sue magnifiche città di templi in pietra e legno, la corona di montagne più alte del mondo, si sveglia ad ogni alba nella sempre più totale incertezza del domani per 24 milioni di persone tra le più povere del pianeta. C'era una volta il paradiso degli hippies. |