Erano mercenari i quattro soldati americani uccisi e oltraggiati in Iraq

di  Bruno Marolo - da L'Unità, 2 aprile 2004


Erano soldati di ventura i quattro americani fatti a pezzi in Iraq. I combattenti privati sono il contingente più numeroso in Iraq dopo quello americano.


Vengono dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dal Sudafrica e da altri paesi noti per la qualità delle forze armate. Guadagnano in media mille dollari al giorno. E provvedono ai compiti più delicati, come la scorta di Paul Bremer.

I quattro uomini uccisi a Falluja erano ex “teste di cuoio” della marina e dell’esercito americano passati al servizio della “Blackwater Security Consulting”. Sono riconoscibili anche quando non indossano la maglietta nera con il nome dell’azienda. Hanno corpi palestrati, armi in bella vista, auricolari simili a quelli in uso nei servizi segreti dai quali molti provengono. Il nome della ditta, “acqua nera”, allude alle operazioni notturne dei commandos della marina in cui si è formato il fondatore. In gennaio il fatturato è stato di 14 milioni di dollari. La sede aziendale è a Moyok, nella Carolina del Nord, in una tenuta di 3 mila ettari con poligoni di tiro per ogni genere di armamenti. In queste strutture specialisti privati della Blackwater insegnano l’arte della guerra alle truppe scelte della marina americana, in forza di un contratto per 35 milioni di dollari firmato con il Pentagono nel 2002

I loro uomini chiedono alti compensi ma sono pronti a intervenire in ogni parte del mondo senza bisogno di autorizzazioni dei parlamenti. Il costo per i governi è inferiore a quello di un esercito regolare, che deve essere mantenuto anche in tempo di pace. I privati hanno maggiore libertà di azione, e troveranno sempre in qualche parte del mondo clienti disposti a pagare. Peter Singer, uno studioso della Brookings Institution, ha analizzato la situazione nel libro “Corporate Warriors” (Guerrieri aziendali). I moderni soldati di ventura operano in 50 paesi con un fatturato globale di 100 miliardi di dollari l’anno. In Iraq ve ne sono almeno 15 mila, che fanno capo a una ventina di ditte. La quantità e la qualità del personale sono superiori a quelle del contingente britannico.

Una delle ditte più organizzate è “Diligence Limited Company”, con sede centrale a Washington e centinaia di agenti in Iraq. Il direttore Mike Baker è un ex agente della Cia. “Non abbiamo pensato neppure per un attimo – spiega – di ritirare il personale dopo il massacro di Falluja. Nessuno dei nostri uomini si rifiuta di lavorare in quella zona: sono tutti professionisti, pienamente consci del rischio. E’ molto importante rispondere all’attacco. Se non ci fosse una reazione molto dura i nostri nemici lo prenderebbero per un segno di debolezza e diventerebbero ancora più aggressivi”.
Nello scorso ottobre a Gaza una bomba ha ucciso tre agenti americani della società privata Dyncorp, di scorta ai diplomatici dell’ambasciata. In maggio un gruppo di terroristi suicidi ha fatto una strage a Ryadh negli alloggi della Vinnel Corporation, una ditta della Virginia che addestra i militari sauditi. I profitti tuttavia sono tali da assicurare una crescita spettacolare. Il settore si è sviluppato nella seconda metà degli anni 90 con le guerre civili nei Balcani, ad Haiti e in Liberia, ma dopo l’11 settembre 2001 ha fatto un salto di qualità in Afghanistan e in Iraq.

Le controversie politiche che ostacolano l’invio di truppe hanno favorito una sorta di privatizzazione delle forze armate. I migliori ufficiali di carriera sono passati al servizio delle aziende che pagano meglio. Il generale Wayne Downing, ex comandante della Delta Force americana, ha ritrovato in Iraq in abiti civili molti collaboratori. “Andare a Baghdad – commenta – è come partecipare a un raduno di reduci dei servizi speciali e delle truppe scelte”.