May Day e l'abisso - di mazzetta - da Indymedia Italia, 3 maggio 2004 "Se qualcuno non capisce, semplifico: mi è piaciuta davvero molto :)" L’abisso In questo fine settimana abbiamo avuto ancora una volta la dimostrazione dell’esistenza dell’abisso che separa le istituzioni di rappresentanza di questo paese dalla realtà. Fin dalla tragica manifestazione per gli ostaggi italiani in Iraq abbiamo assistito al desolante spettacolo di una realtà virtuale messa in scena per la popolazione italiana, spettacolo al quale non si sono sottratti che pochissimi, tra coloro i quali hanno accesso alle “finestre” informative sistematizzate. Nel nostro paese il governo brancola nel buio, e anni di incultura e di attenzione rivolta all’immagine e alla mediazione fine a se stessa mettono l’opposizione in una prospettiva simile, costringendola a rincorrere i deliri dei devastatori delle nostre comunità. Nel giorno della giornata mondiale per la libertà dell’informazione, il nostro paese raccoglie la maglia nera d’Europa, le pesanti manipolazioni della verità, troppo a lungo tollerate, svelano i loro effetti perversi sul corpo sociale. Il problema non è semplicemente il suopolio berlusconiano, il problema è rappresentato da tutti quegli entusiasti partecipanti alla fiera della menzogna che allietano le nostre giornate. Mentono i giornalisti ai loro lettori, i partiti ai loro elettori,i sindacati ai loro associati. Esistono diverse reti nel paese che invece di accedere al confronto sulle questioni si impegnano alla denigrazione e alla calunnia, falsando persino i rapporti scientifici pur di tirare acqua al loro misero mulino. Coltiviamo e manteniamo un numero enorme di persone impresentabili, libere di apparire sui podi pubblici del nostro tempo e di ammaestrare la “ggente” con le loro teorie improbabili, come di giurare davanti al mondo che la terra, in realtà, è piatta. Maestri del cinismo si impegnano a spostare sempre più in la i limiti della legittima indignazione popolare, attenti a permetterne lo sfogo solo sulle mamme assassine o sui “terrorismi” da loro stessi certificati come tali. In questo desolante panorama chi non accetta il ballo dell’ignorante viene criminalizzato e sbeffeggiato, a volte anche incarcerato. Invisibili, ignorati e contenti, molti europei si sono concessi il I° maggio di fare alcune cose di sinistra, scivolando tra l’indifferenza generale e, al più, una stupita incomprensione. Nel giorno nel quale si forma la macro-nazione europea molte persone hanno preso il fardello del proprio dissenso e lo hanno portato nelle piazza e nei non-luoghi del consumo e della distruzione delle regole della convivenza sociale. Rumorosamente, allegramente, ma senza la vacuità di chi va ad una festa o allo stadio, migliaia di europei, animati solo dalle loro volontà e dalle loro coscienze, hanno camminato per le strade per richiamare l’attenzione dei loro concittadini sui problemi reali, sulle truffe e gli inganni orditi ai loro danni dai bottegai che si sono improvvisati statisti negli ultimi 20 anni. Io ero a Milano. A Milano si sono dati appuntamento molti gruppi che si battono da anni per la visibilità del disagio, gruppi spesso poco numerosi, ma assolutamente determinati nel volere esporre le proprie ragioni, incuranti della “messa al bando” che subiscono, spinti solo dal desiderio di non accettare un disegno di futuro che viene presentato come inevitabile, e dal volere reagire a politiche chiaramente truffaldine e criminali. A Milano ho visto individui preoccupati per il proprio destino come per quello dell’umanità, ho visto persone che lottano per difendere diritti che sono costati sangue, e per riaffermare che parole come democrazia e libertà sono vuoti contenitori, quando non sono animati da una cittadinanza consapevole e dalla volontà di difenderne i confini. A Milano ho visto allegria, un grandissimo corteo; ho visto la politica, ho visto l’umanità, ho visto musica e danze e ho visto la ribellione. Ho visto i simboli di sicuri e imperdonabili sfruttamenti venire irrisi, coperti, verniciati, e pure danneggiati. Ho visto alcune impenetrabili vetrate delle banche di guerra, e un paio di loro sportelli Bancomat danneggiati a martellate o con piccoli roghi, spettacolo non capace di risarcire le migliaia di derubati e gettati sul lastrico, spettacolo non edificante, pratica vandala, una punizione popolare e diretta non prevista da alcun codice. Vandalismi che, pero’, rappresentano il nulla, a confronto delle punizioni che le nostre leggi riserverebbero ai colpevoli di tanti reati e ai responsabili di tanta, vera, devastazione sociale, sanzioni che fanno ridere coloro i quali dovrebbero pagare con anni di carcere le loro azioni alla guida di queste irresponsabili macchine per il profitto, vandalismi che, allo stesso tempo, sembrano di troppo ai benpensanti a gettone, o a chi davvero non ha capito a che gioco stiano giocando sulla sua pelle. Non approvo le condotte violente, ma è pur vero che alcuni distinguo, non assolutamente pelosi, vanno fatti, e mi fanno concludere per evitare un biasimo eccessivo verso queste forme di protesta. Criminalizzare, non solo un movimento, ma anche gli stessi autori, sarebbe legittimo ove vivessimo in un insieme sociale dove fossero rispettate le regole scritte sui nostri stessi codici; quando invece, gli stessi governanti si fanno beffa delle loro leggi, permettendo ai loro famigli di portare alla miseria milioni di persone, la dimensione del Bancomat danneggiato o l’insegna del Mc Donald’s infranta, sono davvero nulla. Si guardi all’Argentina, lasciata nelle mani dei “capaci”, di chi sa cosa sia “giusto”, e si pensi a quali altre devastazioni stiamo correndo incontro sulla strada illuminata dagli yes men catodici. Non accetto la logica “dal bancomat al terrorismo”, proposta dai chi vuole coprire con la paura il dissenso, ma mi chiedo piuttosto se non sia meglio un Bancomat oggi che una situazione argentina domani. Poche ore dopo ho visto la canea fascista calciofila che aveva devastato il derby romano, imporre alla città ben altro pedaggio, persino i “festeggiamenti” per lo scudetto milanista hanno “devastato” maggiormente la città dei terribili, misteriosi “terroristi” altermondisti. Nelle stesse ore, ho visto anche invadere i luoghi del consumo impersonale, le catene dove i diritti dei lavoratori sono carta straccia e le loro vite contano meno di niente, invasioni festose, accolte dalla simpatia e dall’incredulità, ho visto un gruppo d’assalto pink che a ritmo di samba ha portato più politica in quei luoghi, in pochi minuti, che il sindacato in decenni. Ho visto i migranti, i precari, i dipendenti e i pensionati sfilare insieme. Ho visto murare simbolicamente, tra gli applausi, i luoghi del nuovo caporalato e le agenzie immobiliari complici della rapina ai danni di tutti gli italiani, quelle che comprano gli immobili che sono patrimonio comune del paese, per rivenderceli al doppio del prezzo con la complicità di Tremonti. Ho visto anche alieni, esseri umani probabilmente contagiati da qualche virus, o televisivamente modificati. Alcuni uomini e donne pronti a sfidare i picchetti in nome di una imprecisata “libertà di shopping”, esaltati che dalle finestre gridavano “comunisti!” ad un corteo che, beffardo, al comunismo era per nulla interessato. Alieni di destra e di sinistra, come gli improbabili “sinistri” di una sezione dei DS che insultavano il corteo. Ho visto un uomo (?) che presto verrà citato come esempio alle convention di Publitalia, il direttore del negozio Mondadori che sfondando il cordone davanti al negozio è rovinato all’interno dello stesso distruggendo il dispositivo antitaccheggio. Alieni. Persone capaci di mettere a rischio la propria incolumità e quella degli altri per non attendere mezz’ora, persone che perdono il controllo quando la loro rassicurante routine di schiavi viene turbata, persone che insultano cio’ che non capiscono, che neanche provano a capire. Al direttore di Mondadori auguro di riscuotere in premio almeno un bel Rolex ed un viaggio in qualche trombodromo orientale, prima di venire esposto nella galleria degli “eroi aziendali” e di venire citato nei secoli come simbolo di devozione alla causa del fatturato. Ho visto anche comprensione, la comprensione dei cittadini di Milano quando capivano le ragioni di cotanta confusione. C’era da capirli, nessuno li aveva avvertiti, nessuno aveva spiegato loro, dalla finestra sul mondo o dai giornali finti, che centomila persone avrebbero scosso la loro quiete festiva, una sorpresa assoluta. Milanesi increduli anche il giorno dopo, qualunque momento del corteo avessero vissuto sarà sembrato loro un delirio onirico da digestione difficile, impossibile, anche per loro, trovare tracce della May Day, in Tv come sui giornali, se non qualche trafiletto in locale. Manifestazione oscurata, cancellata, ripudiata da tutti i giornalisti. Mai come negli ultimi due giorni mi sono sentito “invisibile”, mai come in questi giorni mi sono sentito di fare la cosa giusta. Abbiamo fatto “un sacco di cose di sinistra”, abbiamo detto “cose di sinistra”, ma soprattutto ci siamo dati per i nostri simili e per noi stessi senza calcoli o mediazioni di soggetti ambigui. Ai “troppo compagni” che non capiscono, o che fanno finta di non capire, ricordo che il I° maggio, giorno dato alla riconoscenza verso chi ha lottato per una vita migliore per tutti, la sinistra ha messo in piedi il tradizionale concerto-celebrazione a Roma, accettando il bavaglio della censura supinamente, mentre le persone vere lottavano a Melfi, negli aeroporti e nelle strade di Milano e delle città italiane ed europee. Solo la stupida opposizione informale era in campo, tutti gli “intellettuali” con le risposte in tasca erano altrove in altre faccende affaccendati.. Ai sindacati tragicamente scavalcati dalle istanze reali di coloro che pretendono rappresentare, organismi ormai svuotati del loro cuore e della loro missione, mando l’invito ad ascoltare la forza-lavoro prima che sia troppo tardi, a riconoscerne il primato e la titolarità sulle questioni che la riguardano e a desistere da comportamenti inqualificabili come le denunce,mai danni degli operai, inventate a Melfi. Soprattutto mando una esortazione a rileggersi la propria storia,e a ritrovarvi i motivi della loro esistenza, non c’è niente da inventare, il know how lo hanno, basta la volontà di riprendere una strada abbandonata troppo tempo fa. Ai benpensanti che pontificano dall’alto della loro tranquillità sociale ricordo che il benessere comune è la condizione primaria per il godimento del benessere individuale, che il denaro sottratto alle categorie inferiori dovrà essere speso per rinforzare i dispositivi di sicurezza contro chi non ha più niente da perdere, il denaro che alcuni guadagnano dalla demolizione delle tutele sociali finirà nella crusca delle spese necessarie a controllare masse sempre più incontrollabili, se non ci sarà una veloce presa di coscienza, anche da parte loro, sui temi che tanti nel mondo stanno cercando di portare anche alla loro attenzione. Per i rappresentanti della sinistra parlamentare, invece, non ho parole. Inutile parlare ai sordi, occorre prendere atto che il vecchio:“nessun nemico a sinistra”; è la loro impostazione ufficiale.Anche per la nostra sinistra queste forme di autorganizzazione sono da castigare, da ignorare, da nascondere, siamo persone che non è bene frequentare, qualche benpensante potrebbe adombrarsi nel vedere geni del calibro dei dirigenti dell’Ulivo, mettersi in discussione davanti a tanti ingenui, utopici, testardi esseri umani. Questo genere di protesta, difficilmente gestibile, poco inquadrabile, con la quale comporterebbe troppa fatica intellettuale, e troppo tempo sottratto agli affari, confrontarsi, non è degna di due righe neanche su l’Unità. Anche i quattro gatti della sinistra radicale che prestano attenzione a questi temi sono spesso a rimorchio, e non al fianco di questo genere di iniziative. Possono tutti fare molto di più A chi c’era, a chi ci si è riconosciuto, a chi si sente partecipe di queste istanze, non resta che riprendere il cammino, confrontarsi su quello che è stato e farne tesoro per quello che sarà, sperare che la samba invada sempre di più di i non-luoghi, che la nostra timidezza possa essere superata e ci consenta di presentarci sempre anche dove non siamo invitati, sempre di più; continuare a sperare di riuscire a spiegare il senso del Bancomat bruciato alla gente, prima che questa si trovi a doversi spiegare, da sola, la sparizione del proprio benessere e della vita che credeva gli fosse assicurata, dalle false istruzioni della TV. Non resta che sperare che un giorno centomila persone in piazza tornino a fare più notizia dello stesso Bancomat, o che il milione abbondante di manifestanti del 20 marzo per la pace torni ad essere più importante dei giochetti di Fassino, o della manifestazione dei 3000 pellegrini accorsi a chiedere alla Madonna la salvezza dei tre ostaggi. Il nostro paese puzza di carogna in decomposizione, di decadenza inarrestabile, l’ancora europea non ci preserva dal maremoto epocale scatenato dai folli La nuova Europa è nata, ed ha un sapore che non riconosciamo, proveremo con alcune spezie a correggerne il retrogusto metallico e sgradevole, con le parole, le azioni ed il cammino ininterrotto, con la forza dell’analisi, della denuncia e della proposta, con la forza della ribellione e con la forza dei nostri no, liberi e per nulla infantili, determinati e mai fuori controllo, ben coscienti dell’apparente enormità di un compito che ci siamo dati e che nessuno avrebbe mai avuto la forza di imporci. Perchè rifiutiamo di di limitarci a piangere in mezzo a questa tragedia. Perchè diamo rispetto, ascolto e voce a chi non ne ha, perché siamo ovunque e non siamo nessuno. Da oggi sorriderò ancora di più ai disgraziati, sperando che lo spirito della may day riesca a contagiare qualcuno in più, e che S. Precario perdoni quelli che, soprattutto a sinistra, non sanno quello che fanno e neanche vogliono discuterne. Che fate domani ? |